Attira il successo musicale Pt.2
StrategieMusicali.it
| Storie - Professionisti | 10/10/2011 alle 11:46
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10/10/2011 alle 11:46
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Nel precedente articolo ho ripercorso tutti i cambiamenti più importanti nella musica degli ultimi tempi cercando di affrontare la questione da 3 punti di vista: quello del pubblico, quello dei musicisti ed, infine, quello del mercato discografico. Le numerose discussioni che si sono avvicendate sul forum hanno portato ad un livello ancora più profondo i ragionamenti da me proposti e, personalmente, mi hanno fornito numerosi spunti per la mia attività legata alla promozione online della musica. Grazie mille per questo!
Nelle prossime righe inizierò a trattare l’importanza del Musical Branding cercando innanzitutto di spiegare che cosa sia ed a che cosa serva; alla fine porterò poi un esempio pratico. Con la speranza che quanto leggerete sarà di vostro gradimento vi auguro una buona lettura. Come tutti sanno, per riuscire davvero in qualcosa di complesso è spesso necessario avere una strategia. Un piano d’azione, infatti, non solo fa tendere a qualcosa, ma dà modo di razionalizzare ogni passo e di collegarlo agli altri compiuti in precedenza. Immaginate un generale che va in guerra senza una strategia: i suoi soldati si muoveranno a caso e la manovra risulterà sterile. Risultato: guerra persa. Immaginate poi lo stesso con una strategia in origine vincente ma ormai obsoleta e superata per il tipo di guerra che dovrà affrontare. Risultato: guerra persa. Insomma, appare ovvio come per ogni guerra ci voglia la strategia più appropriata ed attuale. Il punto è questo: dal momento in cui il pubblico ed il mercato discografico sono cambiati, è ancora adeguato il modo di muoversi delle band? Come ho scritto anche in “Filosofia del blog”, fino a qualche anno fa gli step per sfondare nel mondo della musica erano più o meno questi:Creare musica originale Suonare nei locali Registrare un demo Trovare una produzione Registrare un disco Promozione su radio/tv/giornali Ad oggi, a causa dei grossi cambiamenti che hanno sconvolto i mercato discografico, una scaletta del genere risulta abbastanza obsoleta ed assomiglia ad un generale della Seconda Guerra Mondiale che vuole combattere le guerre attuali utilizzando ancora le sue vecchie strategie. Come dicevo nel precedente articolo, le case discografiche non investono più su prodotti che solo potenzialmente potrebbero avere successo: i rientri derivanti dalle vendite sarebbero infatti di gran lunga inferiori alle spese affrontate per promuovere un disco ed è per questo che si preferisce puntare su chi ha già un pubblico.
Ma come si fa ad avere un pubblico se prima non si viene prodotti e pubblicizzati? Bisogna per forza finire in uno di quei Reality Show? Qual è un buon modo di muoversi? A mio avviso non esiste un buon modo in assoluto per ricercare il successo musicale; tuttavia, grazie ad internet, sta nascendo e crescendo sempre più quello che a me piace chiamare “Musical Branding”. La trasformazione da Band a B(r)and Il Musical Branding è un atteggiamento, un piano, una strategia etc… che può aiutare ad attirare il successo attraverso la definizione e la diversificazione online del proprio progetto. La filosofia che sta dietro al MB è tanto semplice quanto logica: poiché la musica è diventata una questione di visibilità (da unire, secondo me, alla qualità), è sempre più necessario comportarsi di conseguenza creando un marchio ed un’immagine tanto forti da emergere dalla massa. Il canale dove si svolge tale diversificazione è Internet ed, in particolare, il mondo dei Social Media.
Una piccola ma essenziale premessa è però d’obbligo: il fatto che da Band si diventi B(r)and non dev’essere visto come una “commercializzazione” del proprio prodotto, anzi, piuttosto come una promozione volta all’auto-sostentamento. Per spiegarmi meglio voglio citare qualche riga dal libro “Personal Branding” di Luigi Centenaro e Tommaso Sorchiotti. “Personal Branding (nel nostro caso Musical Branding) non vuol dire caratterizzare se stesso in maniera da poter soddisfare o piacere al maggior numero di persone possibili. È proprio lo scopo, in questo caso, che fa la differenza. Personal Branding (Musical Branding) significa perseguire al massimo la propria unicità, stile carattere nel comunicare un valore, una missione, un’abilità, non per ottenere maggiori consensi ma per attrarre e filtrare solo quelli veramente affini ed in sintonia con quanto io mi prefiggo, predico, offro.” In altre parole, lo scopo del Musical Branding è quello di creare attorno alla propria band un folto seguito di fan che condivideranno, ascolteranno e compreranno tutti i nostri lavori; è la creazione di una comunità ciò a cui tendere ed è in tal senso che una Band diventa un B(r)and. Il Brand infatti è un marchio, qualcosa di riconoscibile ed unico a cui le persone si affezionano. Pensate, ad esempio, alla Coca-Cola: un famoso esperimento ha mostrato che se a dei soggetti sperimentali vengono presentati due bicchieri di carta anonimi contenenti uno Coca e l’altro Pepsi, in media più persone (ignare di quale bevanda stiano bevendo) preferiscono la seconda bevanda; se invece ai soggetti si dice qual è la Coca e quale la Pepsi, più persone asseriranno che la prima sia la migliore. Questa è la forza del Brand. Mi affascina sempre pensare a quanto dietro ogni crisi ci siano opportunità uniche per chi le sa cogliere; se da una parte internet ha infatti demolito le vendite e quindi le possibilità di essere prodotti, dall’altra offre un enorme vantaggio: l’occasione di promuovere la propria musica in tutto il mondo a costo zero, creando attorno alla propria band un’immagine tanto forte da distinguersi dalla massa. Il Musical Branding però non è solo promozione dato che è anche, come dicevo prima, Qualità.
Poiché quello di “Qualità” è però un concetto assolutamente relativo, non ti rimarrà che essere te stesso fino alla fine focalizzando le tue energie sull’esaltazione dei tuoi punti forti senza però dimenticare quelli deboli. Vorrei portare almeno un esempio pratico di Musical Branding ma, prima di farlo, ci tengo a fornire la giusta chiave interpretativa: cerca di ignorare il genere musicale o la difficoltà dell’esecuzione dei pezzi… bada piuttosto a come è stata sfruttata la rete per ottenere ciò che la band voleva, ovvero, vivere di musica. Esempio di B(r)and di successo Uno dei primi gruppi a cui ho visto applicare con successo il Musical Branding è stato quello dei Boyce Avenue. I Boyce Avenue sono una una rock band americana formata nel 2007 da tre fratelli che hanno iniziato a postare dei video su Youtube dove si auto-riprendevano durante l’esecuzione di alcune cover. Nel giro di poco tempo il loro canale ha iniziato ad attrarre milioni di visitatori facendo fare al loro nome il giro del mondo in lungo e in largo. Qualche numero giusto per rendere l’idea dell’enorme successo conseguito:
Tra il 2009 ed il 2010 questi ragazzi hanno suonato in Asia ed in Europa (nel momento in cui scrivo sono in Tour in Europa). A seguito di questo enorme successo hanno pubblicato 2 album; il primo con l’etichetta indipendente 3 Peace Records, mentre il secondo con la Universal Republic. Chi volesse guardare un loro video, lo può trovare qui. Mucche Viola Se hai letto i numeri impressionanti dei consensi ottenuti tramite web dai Boyce Avenue, converrai con me che arrivati a questo punto i tre fratelli non hanno più bisogno di cercare produttori né case discografiche. Divenendo autosufficienti, infatti, per vendere un loro pezzo gli basterà pubblicarne il video su Youtube e milioni di persone si recheranno prima a guardarlo e poi ad acquistare la canzone dal loro sito. Ecco cosa intendevo all’inizio quando parlavo di B(r)and. Nel prossimo articolo cercherò di parlare di Community Building in modo da fornire qualche spunto di riflessione a chi volesse darsi al Musical Branding ed intanto, giusto per dare un senso al titolo di questo paragrafo (perchè è vero che sono pazzo, ma non ancora delirante), vi rimando a questo libro. Antonio Guarino www.strategiemusicali.it - facebook - twitter
Nelle prossime righe inizierò a trattare l’importanza del Musical Branding cercando innanzitutto di spiegare che cosa sia ed a che cosa serva; alla fine porterò poi un esempio pratico. Con la speranza che quanto leggerete sarà di vostro gradimento vi auguro una buona lettura. Come tutti sanno, per riuscire davvero in qualcosa di complesso è spesso necessario avere una strategia. Un piano d’azione, infatti, non solo fa tendere a qualcosa, ma dà modo di razionalizzare ogni passo e di collegarlo agli altri compiuti in precedenza. Immaginate un generale che va in guerra senza una strategia: i suoi soldati si muoveranno a caso e la manovra risulterà sterile. Risultato: guerra persa. Immaginate poi lo stesso con una strategia in origine vincente ma ormai obsoleta e superata per il tipo di guerra che dovrà affrontare. Risultato: guerra persa. Insomma, appare ovvio come per ogni guerra ci voglia la strategia più appropriata ed attuale. Il punto è questo: dal momento in cui il pubblico ed il mercato discografico sono cambiati, è ancora adeguato il modo di muoversi delle band? Come ho scritto anche in “Filosofia del blog”, fino a qualche anno fa gli step per sfondare nel mondo della musica erano più o meno questi:
Ma come si fa ad avere un pubblico se prima non si viene prodotti e pubblicizzati? Bisogna per forza finire in uno di quei Reality Show? Qual è un buon modo di muoversi? A mio avviso non esiste un buon modo in assoluto per ricercare il successo musicale; tuttavia, grazie ad internet, sta nascendo e crescendo sempre più quello che a me piace chiamare “Musical Branding”. La trasformazione da Band a B(r)and Il Musical Branding è un atteggiamento, un piano, una strategia etc… che può aiutare ad attirare il successo attraverso la definizione e la diversificazione online del proprio progetto. La filosofia che sta dietro al MB è tanto semplice quanto logica: poiché la musica è diventata una questione di visibilità (da unire, secondo me, alla qualità), è sempre più necessario comportarsi di conseguenza creando un marchio ed un’immagine tanto forti da emergere dalla massa. Il canale dove si svolge tale diversificazione è Internet ed, in particolare, il mondo dei Social Media.
Una piccola ma essenziale premessa è però d’obbligo: il fatto che da Band si diventi B(r)and non dev’essere visto come una “commercializzazione” del proprio prodotto, anzi, piuttosto come una promozione volta all’auto-sostentamento. Per spiegarmi meglio voglio citare qualche riga dal libro “Personal Branding” di Luigi Centenaro e Tommaso Sorchiotti. “Personal Branding (nel nostro caso Musical Branding) non vuol dire caratterizzare se stesso in maniera da poter soddisfare o piacere al maggior numero di persone possibili. È proprio lo scopo, in questo caso, che fa la differenza. Personal Branding (Musical Branding) significa perseguire al massimo la propria unicità, stile carattere nel comunicare un valore, una missione, un’abilità, non per ottenere maggiori consensi ma per attrarre e filtrare solo quelli veramente affini ed in sintonia con quanto io mi prefiggo, predico, offro.” In altre parole, lo scopo del Musical Branding è quello di creare attorno alla propria band un folto seguito di fan che condivideranno, ascolteranno e compreranno tutti i nostri lavori; è la creazione di una comunità ciò a cui tendere ed è in tal senso che una Band diventa un B(r)and. Il Brand infatti è un marchio, qualcosa di riconoscibile ed unico a cui le persone si affezionano. Pensate, ad esempio, alla Coca-Cola: un famoso esperimento ha mostrato che se a dei soggetti sperimentali vengono presentati due bicchieri di carta anonimi contenenti uno Coca e l’altro Pepsi, in media più persone (ignare di quale bevanda stiano bevendo) preferiscono la seconda bevanda; se invece ai soggetti si dice qual è la Coca e quale la Pepsi, più persone asseriranno che la prima sia la migliore. Questa è la forza del Brand. Mi affascina sempre pensare a quanto dietro ogni crisi ci siano opportunità uniche per chi le sa cogliere; se da una parte internet ha infatti demolito le vendite e quindi le possibilità di essere prodotti, dall’altra offre un enorme vantaggio: l’occasione di promuovere la propria musica in tutto il mondo a costo zero, creando attorno alla propria band un’immagine tanto forte da distinguersi dalla massa. Il Musical Branding però non è solo promozione dato che è anche, come dicevo prima, Qualità.
Poiché quello di “Qualità” è però un concetto assolutamente relativo, non ti rimarrà che essere te stesso fino alla fine focalizzando le tue energie sull’esaltazione dei tuoi punti forti senza però dimenticare quelli deboli. Vorrei portare almeno un esempio pratico di Musical Branding ma, prima di farlo, ci tengo a fornire la giusta chiave interpretativa: cerca di ignorare il genere musicale o la difficoltà dell’esecuzione dei pezzi… bada piuttosto a come è stata sfruttata la rete per ottenere ciò che la band voleva, ovvero, vivere di musica. Esempio di B(r)and di successo Uno dei primi gruppi a cui ho visto applicare con successo il Musical Branding è stato quello dei Boyce Avenue. I Boyce Avenue sono una una rock band americana formata nel 2007 da tre fratelli che hanno iniziato a postare dei video su Youtube dove si auto-riprendevano durante l’esecuzione di alcune cover. Nel giro di poco tempo il loro canale ha iniziato ad attrarre milioni di visitatori facendo fare al loro nome il giro del mondo in lungo e in largo. Qualche numero giusto per rendere l’idea dell’enorme successo conseguito:
- I loro video (ad oggi sono 101) sono stati visualizzati, in totale, 281.812.851 di volte
- Al momento il loro canale ha 573.432 iscritti (86° canale con più iscrizioni a livello mondiale)
- La loro cover dei Linkin Park “Shadow of the day” ha fin’ora totalizzato 11.277.931 visualizzazioni (sì, esatto, più di undici milioni!)
Tra il 2009 ed il 2010 questi ragazzi hanno suonato in Asia ed in Europa (nel momento in cui scrivo sono in Tour in Europa). A seguito di questo enorme successo hanno pubblicato 2 album; il primo con l’etichetta indipendente 3 Peace Records, mentre il secondo con la Universal Republic. Chi volesse guardare un loro video, lo può trovare qui. Mucche Viola Se hai letto i numeri impressionanti dei consensi ottenuti tramite web dai Boyce Avenue, converrai con me che arrivati a questo punto i tre fratelli non hanno più bisogno di cercare produttori né case discografiche. Divenendo autosufficienti, infatti, per vendere un loro pezzo gli basterà pubblicarne il video su Youtube e milioni di persone si recheranno prima a guardarlo e poi ad acquistare la canzone dal loro sito. Ecco cosa intendevo all’inizio quando parlavo di B(r)and. Nel prossimo articolo cercherò di parlare di Community Building in modo da fornire qualche spunto di riflessione a chi volesse darsi al Musical Branding ed intanto, giusto per dare un senso al titolo di questo paragrafo (perchè è vero che sono pazzo, ma non ancora delirante), vi rimando a questo libro. Antonio Guarino www.strategiemusicali.it - facebook - twitter