Steve Vai - Una vita in tour

Steve Vai - Una vita in tour

Steve Vai è un chitarrista che si è guadagnato una statua nel mondo della chitarra, uno di quei nomi di cui si parla sempre con estremo rispetto ed ammirazione; negli anni '80 faceva parte della band di Frank Zappa, un lasciapassare fortissimo per essere presi in considerazione da qualunque altra band o artista, ma non sufficiente per diventare un vero guitar hero, soprattutto in un periodo in cui ogni giorno esplodeva un nuovo astro nascente in un settore che stava godendo del suo massimo splendore.

Questa opportunità arrivò grazie a David Lee Roth, fresco di dimissioni dai Van Halen e, ovviamente, con milioni di occhi puntati addosso per vedere cosa avrebbe fatto dopo essere uscito da una delle rock band più in voga di quegli anni.
David Lee Roth portò nel mainstream il concetto di supergruppo, riuscì a proporre brani che venivano passati anche in radio, eseguiti da musicisti che avevano la possibilità si esprimere il proprio talento e la propria creatività in maniera totale. Fu questo un trampolino eccezionale per Steve Vai, Billy Sheehan e Greg Bissonette.

Eat'em and Smile era un disco che ad ogni misura lasciava il chitarrista all'ascolto a bocca aperta. Steve Vai creava suoni, rumori, ritmi mai sentiti prima e stava prepotentemente imponendo un nuovo modo di suonare la chitarra.
Per suonare in quel modo, Steve aveva bisogno di apportare delle modifiche al suo strumento. Per questo motivo aveva modificato la configurazione dei pick up mettendo due Humbucker ai lati e un Single Coil al centro, inoltre aveva ideato una cavità praticata dietro al Floyd Rose per permettere un'escursione molto maggiore al ponte stesso. Aveva anche palesemente fresato le spalle del body della sua chitarra per permettere alle sue lunghe dita affusolate di arrivare senza sforzo agli ultimi tasti. Tutta una serie di geniali modifiche che si razionalizzarono in quella che fu una delle chitarre di maggior successo degli anni '80, la Ibanez Jem, lo strumento signature di Steve Vai.
Dalla prima versione disponibile in diversi colori fluo, seguirono negli anni innumerevoli diverse vesti di questo strumento che ancora oggi è regolarmente presente sul catalogo della casa giapponese.

Anche per Ibanez questo fu un passaggio davvero importante. Dalla creazione della serie Jem derivò poi la serie RG che riprendeva lo stesso disegno del body senza la "monkey grip". Ancora oggi la serie RG è la più venduta del catalogo Ibanez, inoltre tutto il successo creato dalla collaborazione con Steve Vai e con tanti altri nomi top ha portato il marchio a piazzarsi saldamente al terzo posto della classifica di mercato mondiale, dopo Fender e Gibson.
Steve aveva disegnato personalmente il body della sua Jem, perciò ovviamente il suo contratto di royalties abbraccia anche la serie RG, motivo per cui la sua partnership con Ibanez ha portato grandi benefici ad entrambe le parti in causa.

Questo preambolo è necessario per far capire il tipo di stato di eccitazione che aveva accompagnato la notizia che Steve Vai sarebbe stato presente per una sessione autografi alla prima edizione del Disma Show di Rimini nel 1997. Quando Steve arrivò allo stand era circondato da un'aura da alieno, una cosa che ancora oggi si percepisce chiaramente. La gente faticava anche solo ad aprire bocca nell'avere davanti una sorta di dio in terra per il mondo della chitarra.
In quel momento tutti i padiglioni della fiera si svuotarono e la gente si incanalò in direzione dello stand Mogar dove Steve sarebbe apparso di lì a poco.

Un sacco di gente fotografava le mani di Steve, cercava di toccarlo per percepire la sensazione di stabilire un contatto così intimo con un'entità che fino ad allora era sempre stata vista solo sulle riviste di settore. La sessione autografi rappresentò un paio d'ore di delirio puro. Alla fine trovammo a terra di tutto. Occhiali da sole, da vista, documenti, portafogli, telefoni cellulari (e allora ne circolavano ancora molto pochi). La struttura della reception dello stand era stata messa a dura prova dalla calca e c'erano degli evidenti buchi qua e là che testimoniavano la pressione cui erano sottoposti coloro che erano in procinto di avere l'agognato autografo di Steve Vai.
La mia fortuna era quella che, lavorando per Mogar, avevo potuto sedere al cospetto di Steve Vai in un ambiente molto più tranquillo e riservato prima che iniziasse la sessione autografi, però ammetto di non essere riuscito io stesso a dire più di tanto, ero intimidito, imbarazzato, paralizzato.

In quegli anni Steve Vai aveva già archiviato il discorso David Lee Roth ed era anche passato negli Whitesnake per un album e successivo tour, perciò era un musicista impegnatissimo e strapagato, motivo per cui era davvero difficile pensare di poterlo avere per delle clinic. Anni dopo, però, Steve aveva deciso di dedicarsi anche a questo tipo di eventi, complice un'attività musicale meno stressante che lo vedeva concentrato principalmente sui suoi dischi come solista.

Fu così che mi trovai a tradurre una sua clinic a Montebelluna, dove oltre 500 persone attendevano trepidanti di ascoltare il verbo del profeta Vai. Ci incontrammo nel backstage dove era stato preparato un buffet vegano come da sua richiesta e questa volta parlammo molto delle sue attività e della posizione di Ibanez sul mercato, oltre che di come dettasse la sua chitarra prima delle sue clinics.
Il suo atteggiamento era molto informale e pacato, suonava in piedi ma gestiva il resto della clinic da seduto, più in stile conferenza. Non era vestito di spandex e lustrini, rispettava invece la sua età più matura senza risultare fuori dal tempo e senza rimpiangere un'epoca ormai passata.

La strumentazione per le sue clinic prevedeva due testate Carvin signature con casse 4x12", la sua chitarra personale, Evo o Flo che fosse, ed una nuova di negozio come backup. I pedali erano abbastanza comuni, partendo dal suo distorsore signature Ibanez Jemini, passando poi ad un Wah Morley. Un pedale volume, un paio di Delay Boss, un accordatore e poco altro. Il tutto doveva assolutamente essere alimentato a batteria, questo perché Steve è convinto che anche il sistema meglio isolato possa comunque creare qualche conflitto di rete con gli atri strumenti connessi, introducendo così rumori indesiderati.

Durante la clinic Steve parlò molto, perciò fui piuttosto impegnato nel tradurre tutto ciò che diceva e tutte le domande che gli venivano poste. Ebbi comunque un momento di relax quando, a gran sorpresa, Steve Vai annunciò che avrebbe parlato in italiano per un po'. Si era infatti preparato un discorso di circa una mezz'ora in cui parlava in italiano. Aveva preso lezioni di italiano negli States, inoltre usava un laptop dal quale mandava in cuffia le frasi da dire per poi ripeterle con la giusta cadenza e i giusti accenti.
Questo discorso era tutt'altro che semplice, si parlava dell'aspetto umano e psicologico del musicista, con grande utilizzo di termini complicati su cui Steve sembrava essere totalmente a suo agio.
Coloro che speravano di sentir parlare di scale Misolidie e di harmonizer saranno rimasti probabilmente un po' delusi, ma per Steve era importante poter trasmettere la condizione mentale con cui porsi di fronte alla propria figura di musicista.
A livello di performance, Steve suonò solo 4 brani in tutto, ma ogni nota che usciva dalle sue mani generava delle standing ovation e tutto il pubblico fu estremamente soddisfatto dell'evento.

Incontrai di nuovo Steve qualche anno dopo al Namm Show per discutere con lui di una sua eventuale partecipazione ad un concerto organizzato in concomitanza con la fiera di Bologna del 2010, cosa che poi non fu possibile in quanto Steve era impegnato in studio per realizzare il suo nuovo album.
Sempre al Namm ebbi l'occasione di assistere ad una sua performance durante una serata per il 50° anniversario di Ernie Ball e ricordo bene che la sua versione di Tender Surrender aveva lasciato tutti senza fiato. Eravamo usciti tutti dicendo "ragazzi, Steve Vai è sempre Steve Vai, non ce n'è per nessuno!".

Poco tempo dopo ci incontrammo all'Hard Rock Cafè di Venezia per un'iniziativa legata al programma benefico Imagine. Mogar aveva donato una Ibanez Jem che quella sera Steve Vai ha suonato ed autografato e che è ancora esposta all'interno del ristorante a Venezia. La serata ebbe un successo strepitoso. Non c'era stata una massiccia promozione all'evento, perché la sede di Hard Rock Cafè di Venezia non è particolarmente grande e non sarebbe stato facile gestire troppa gente. Comunque sia il tam tam ebbe il suo effetto e quella sera non ci si poteva davvero muovere!

Qualche tempo dopo organizzai per Mogar una sessione autografi con Steve Vai ed un altro grande Steve della chitarra mondiale, Mr. Lukather. Erano entrambi a Milano per motivi diversi, ma avendo qualche ora libera avevamo organizzato una sessione autografi da Lucky Music. Fu così che passai a prendere Lukather in hotel, poi passammo all'Alcatraz a prendere Vai e successivamente andammo al negozio dove una lunga coda di persone aspettava di incontrare due leggende della chitarra in un colpo solo!
La stessa formazione si registrò durante un concerto dei Toto a Milano di qualche anno fa. Lukather mi aveva invitato nel backstage a fine concerto e Steve Vai era a Milano quel giorno per una clinic, perciò l'aftershow era davvero costellato di guitar heroes!

L'ultimo incontro con Vai risale ad una clinic fatta a Roma un paio di anni fa. Anche in quel caso andai a tradurre l'evento e in quella occasione ebbi l'opportunità di fare una Jam con Steve, visto che era questa una consuetudine delle sue clinic da qualche anno. Nulla che abbia cambiato la mia carriera né la sua, ma sicuramente una soddisfazione personale che ricordo con molto piacere.

Riassumendo tutto, non ho mai fatto un clinic tour intero con Steve Vai, ma come avete potuto leggere, ho avuto modo di incontrarlo e di lavorarci parecchie volte in tanti anni di lavoro. Per me è e rimane una grande leggenda della chitarra e della musica e non posso che essere orgoglioso di averlo potuto conoscere così da vicino. Alla prossima!

Stefano "Sebo" Xotta

Foto di Orazio Tuglio e Alex Ruffini


Commenta