Tim Hardin, un triste finale
29/12/2017 alle 14:39

Hollywood, California; Il corpo senza vita del cantautore Tim Hardin, 39 anni viene rinvenuto dalla polizia nel suo appartamento. Il verdetto del coroner è lapidario: "decesso dovuto a intossicazione acuta di eroina e morfina".
Da pochi mesi, Hardin era tornato a vivere negli Stati Uniti, a Seattle, dopo un lungo soggiorno in Inghilterra, per poter stare vicino al figlio Damion avuto dal matrimonio con Susan Moher, suo più grande amore nonché musa ispiratrice, che Tim aveva sposato nel 1966. Alla donna e al figlio Tim aveva dedicato l'intero album Suite For Susan Moore and Damion - We Are-One, One, All In One.
Nella città americana Hardin era riuscito a vincere l'ennesima battaglia contro una tossicodipendenza che durava da oltre dieci anni, ma la droga aveva ormai minato in modo irreparabile il suo fragile sistema psicologico: era impossibile stargli vicino, si comportava in modo violento e insostenibile.
Fisicamente, poi, era irriconoscibile persino per i suoi amici di vecchia data: del magro e fragile ragazzo di un tempo non c'era più traccia.
Adesso Tim Hardin era sciupatissimo, calvo e sovrappeso. Era però riuscito a tornare in studio di registrazione con il suo vecchio produttore Don Rubin e aveva inciso due brani per un possibile nuovo disco. Per questo si era trasferito a Los Angeles.
In Inghilterra c'era andato perché il servizio sanitario locale permetteva ai tossicodipendenti una dose di eroina gratuita. Qui si era anche riconciliato brevemente con la moglie Susan, ma poi era giunto al punto di vendere tutti i diritti sulle sue canzoni per poter acquistare sempre più droga.
Il suo songbook comprendeva brani epocali come "If I Were A Carpenter" e "Reason to Believe", portate al successo da Johnny Cash, Bobby Darin o dagli Small Faces. Successi straordinari ma soprattutto canzoni bellissime, senza tempo.
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Jam Viaggio Nella Musica è stato uno dei più autorevoli magazine di rock e dintorni. Nato nell'ottobre 1994 sulle ceneri del bimestrale Hi, Folks!, ha guardato alle esperienze delle testate anglo-americane Mojo, Uncut, Musician. È stato un punto di riferimento per gli appassionati di rock "classico" e di quegli artisti che ne tengono viva l'eredità. Da gennaio 2014 continua la sua avventura sul web e dal 1° febbraio 2016 si evolve nella Jam TV (www.jamtv.it).